Breve nota biografica.
Federico Severino nasce a Vizzolo Predabissi (MI) l’8 agosto del 1990. Nel 2009 si iscrive all’Accademia di Belle Arti e Restauro Abadir, dove nel marzo del 2013 consegue il diploma di primo livello. In questi anni si forma pittoricamente sotto la guida dei maestri del gruppo di Scicli Piero Zuccaro e Giuseppe Puglisi, grandi mentori. Nel 2013 consegue il diploma di Laurea in pittura presso l‘Accademia di Belle Arti e Restauro ‘Abadir’, (CT). Dopo un periodo di residenza a Berlino rientra a Catania e nel settembre del 2016 concluderà gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Catania con il diploma di Laurea di II livello in Pittura. Partecipa a numerosi premi nazionali.
Vive e lavora tra Catania e Torino
Da cosa trai ispirazione?
Non è una questione di ispirazione, preferisco chiamarle sensazioni o ancora meglio, emozioni. Tutto scaturisce da un’attenta osservazione delle cose intorno a me. Nello specifico traggo ispirazione dal “paesaggio” inteso come estensione della nostra mente. Paesaggi intensi come trasposizioni di luoghi, paesaggi interiori. Sono molto interessato ai molteplici aspetti che può suggerire un paesaggio – luogo, dimensione ideale che diventa una dimensione aperta per tutti. Ho il forte bisogno di vivere l’ambiente e conoscere fisicamente il territorio, calpestarlo.
In riferimento alla tua produzione artistica, quali sono i linguaggi e i modi espressivi che prediligi? C’è un motivo ben preciso che ti spinge a preferire un mezzo piuttosto che un altro?
Sono parecchi anni ormai che lavoro con la pittura. Posso dire con estrema fermezza che anche in futuro non potrò farne a meno. Nello specifico utilizzo il pastello ad olio e l’olio sulla tela. Ne sono ormai assuefatto. Il linguaggio fotografico è senz’altro la mia seconda arma da combattimento. Sono molto legato al mezzo fotografico. Negli ultimi tre anni ho raccolto molte immagini. Ho realizzato un archivio con materiale studio eterogeneo.
Potresti fornire una chiave di lettura dei tuoi lavori? Cosa ti prefiggi di trasmettere?
Rifletto sempre sul valore universale di paesaggio e la domanda che mi pongo spesso è la seguente. Cosa vuol dire rappresentare un paesaggio oggi?
Il mio continuo interesse verso quello che è l’ambiente circostante e lo spazio mi ha il portato ad indagare il concetto di limite nel paesaggio. Limite inteso come confine, linea terminale o divisoria. Concettualmente il limite costituisce per l’uomo una barriera invalicabile ma al tempo stesso può aver valore di soglia, passaggio, apertura verso nuovi orizzonti.
Paesaggio come luogo ideale della mente, paesaggio come proiezione non visiva, ma esperienziale. Nella mia pittura è costante il dialogo silenzioso di tensioni, immagini che si sfaldano nel nulla e perdono gradualmente il loro confini. È sempre presente la possibilità di sondare lo spazio, definire nuovi punti di vista, nuove possibilità percettive. Profili, orizzonti, sezioni di paesaggio, tagli luminosi, accecanti. Composizioni luminose, notturne e nebulose. Ampie porzioni urbane, campi di colore e vivida matericità pittorica. Nell’elemento materico e bidimensionale è presente l’aspetto corporeo. Non vi sono espliciti riferimenti a luoghi, ma percezioni infinite di distanze, ombre sottili che gradualmente si dissolvono, perdono i loro confini e diventano spazi aperti e contemplativi dall’aspetto muto ed enigmatico. Dentro la pittura, la superficie monocromatica appare come vellutata grazie l’uso del pastello ad olio.
Nel tempo è cambiato il tuo lavoro? Se sì, come si è modificato?
Posso dire a gran voce sì e se penso a quattro cinque anni fa non ho alcun dubbio. Sicuramente sono cambiati i miei interessi nel ricercare nuovi stimoli nell’ambiente. È cambiato l’incipit ed il processo che mi porta al compimento di un’opera. I tempi realizzativi si sono dilatati. Se penso ad i primi tentativi di approccio alla pittura post-accademica riscontro sempre un particolare interesse per lo spazio. In quella fase di ricerca, se vogliamo ancora un po’ acerba, non rinunciavo mai alla figura contestualizzata nel campo visivo. C’era in me un forte interesse verso la figura in costante dialogo con lo spazio circostante.
Sicilia terra amara o dolce? Qual è il tuo rapporto con essa? E come ti poni con tutto il resto?
Direi sia dolce che amara.
Ormai per motivi di lavoro, da due anni, non vivo più in Sicilia. All’età di tredici anni, dopo aver vissuto per un lungo periodo a Milano, la Sicilia, ma in particolar modo Catania mi ha accolto calorosamente. In questa terra mi sono formato culturalmente e artisticamente. Ho costruito, partendo da zero nuove amicizie, ho instaurato giorno dopo giorno nuove relazioni, ho conosciuto persone fantastiche ed ancora oggi penso che in questa terra c’è tanto da fare, tantissimo da investire. Ho questa terra nel cuore e mi dispiace non poterla vivere per tutto l’arco dell’anno. Posso dire però, che quando mi capita di ritornare ho come la sensazione di rigenerazione, ossigenazione.
Cosa pensi del progetto SACCA? Ritieni che l’unione di più settori, con una sede fissa e una piattaforma online per la vendita, possano favorire l’accessibilità a un pubblico più vasto e trasversale?
Penso che SACCA è uno spazio-contenitore che ha ben chiaro quali sono gli obiettivi da raggiungere. È una galleria che estende la fruizione a diverse tipologie di pubblico. Sicuramente è un vantaggio. Sono contento di aver preso parte al progetto espositivo “Un luogo qualunque”. È stata un’esperienza certamente significativa. La piattaforma online funziona se ben veicolata sul web. La gente ha la possibilità di visionare sul sito diverse opere degli autori della galleria cosi come ricevere informazioni su alcuni prodotti del territorio. Non posso che augurare al fondatore di questo progetto un bel ad maiora.
Esprimi un pensiero in riferimento all’attuale periodo che stiamo vivendo e agli eventuali risvolti futuri.
Viviamo un tempo sospeso. È evidente che l’emergenza del Coronavirus sta cambiando profondamente le nostre vite. Non è un periodo positivo e penso che ci servirà da lezione per il futuro. Esco poco, rimango gran parte del tempo a casa. Al mattino lavoro con la didattica a distanza ed il pomeriggio in studio.
Sono trascorsi diversi mesi dal lockdown e penso che in questa fase è importante trarre dalla vicenda che stiamo vivendo qualche motivo di riflessione. Ad oggi, nessuno è veramente al sicuro e la salute è veramente un ‘bene pubblico globale’, che va difeso a beneficio di tutti. Bisogna essere forti, bisogna affrontare questo momento uniti nonostante la distanza. Molte cose cambieranno in futuro. Non ho ben chiaro quando e come ma credo che possiamo essere migliori tutti. In questo tempo sospeso, ciò che ci può dare conforto è la possibilità di guardarci dentro e rimettere al giusto posto le nostre priorità di vita. Ma per ripartire nella maniera giusta, per rigenerarsi, occorre capire fino in fondo il momento attuale. Restando umani, usando testa e cuore.
Domanda jolly! Dì qualcosa che ritieni possa rappresentarti appieno o riesca a sintetizzare al meglio il tuo lavoro, la tua persona o i tuoi progetti futuri.
Penso che nell’arte come nella vita bisogna avere perseveranza, determinazione, bisogna essere ambiziosi, futuristi, brillanti, convincenti. Bisogna essere onesti con sé stessi e con chi ci si rapporta. Non bisogna mai dimenticare di sentirsi liberi ed autonomi nelle scelte. Energici, incisivi e folli, si, non guasta mai un pizzico di follia.
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