Breve nota biografica.
Mi chiamo semplicemente Vlady, sono un artista visuale e multimediale, nato a Catania, formatosi a Brera (Milano) e residente a Stoccolma da alcuni anni.
“Artista” e “multimediale” perché tocco parecchi ambiti attraverso i miei interessi, molto spesso tramite istallazioni, interventi e performance, pochissimo con la pittura.
Da cosa trai ispirazione?
Come artista contemporaneo, traggo ispirazione dalla contemporaneità, cioè la società d’oggi e i temi d’attualità. Tuttavia, pago anche molto rispetto verso la natura e le sue manifestazioni, che ritengo un gradino più sopra ogni creazione umana possibile, a prescindere.
In riferimento alla tua produzione artistica, quali sono i linguaggi e i modi espressivi che prediligi?
Preferisco un linguaggio concettuale, minimale ma leggibile, non troppo introspettivo. Per capire ciò che faccio, non occorre conoscermi o farmi troppe domande. Il visuale è una lingua internazionale; c’è un’iconografia e un immaginario collettivo che è ben definito, non solo dall’arte stessa (cinema, musica, arte visiva), ma anche dalla segnaletica stradale, dal web, dall’infografica.
Il mio modo espressivo è spesso l’azione. Ecco perché è più corretto parlare di “interventi”; intervengo sull’esistente, piuttosto che creare dal nulla. Le azioni sono fortemente correlate al sito, al tempo, alle circostanze. Inoltre, agisco con varie motivazioni, anche di protesta (attivismo) e tendenzialmente non aspetto che mi sia dato un’autorizzazione specifica. Per ciò che faccio e come lo faccio è facile inscrivermi all’interno della “street art”, sebbene oggi per “street artist” si intendono quasi unicamente coloro che grazie alle chiamate istituzionali girano il mondo da pittori-muralisti e decoratori, guadagnandosi la pagnotta come nel rinascimento.

Vlady Art, UK flag, cm 60×60, 2012
C’è un motivo ben preciso che ti spinge a preferire un mezzo piuttosto che un altro?
Il mezzo è esso stesso comunicazione. Provo a calibrare il mezzo in base a ciò che voglio dire. Poi dipende anche dal budget, se ho supporto esterno oppure no. I fattori in ballo sono molteplici, ecco perché non mi posso definire pittore o videomaker. Adopero molti media. Se la parola è più efficace, talvolta uso solo la parola nell’arte.
Potresti fornire una chiave di lettura dei tuoi lavori? Cosa ti prefiggi di trasmettere?
Difficile trarre i tratti salienti di centinaia di opere, piccole e grandi. C’è di frequente dell’ironia, della surrealità, della malinconia e un tema serio di fondo (ambiente, emarginazione, degrado o povertà).
Nel tempo è cambiato il tuo lavoro? Se sì, come si è modificato?
Il proprio lavoro deve cambiare. Con l’età e le esperienze cambiamo noi e i nostri problemi, i nostri sogni. Cambiamo aspetto. Cambiano i nostri punti di vista. Diffidate da coloro che da anni, troppi anni, fanno sempre le stesse cose. Sicuramente lo fanno per ragioni di mercato.
Per quanto mi riguarda, con il tempo ho abbandonato le nozioni estetiche fondate sull’educazione visiva, la pittura e il disegno. Non cerco quindi rifugio nel concettuale istallativo perché non so disegnare. Amando lo spazio, i viaggi e la natura, ho dovuto abbandonare il disegno come media, lasciandolo sui taccuini degli appunti. All’aperto non trovo così sensato affrontare il disegno o la pittura come si fa su una tela. Il mondo bidimensionale nasce dalla necessità di rappresentare il tridimensionale. È uno schema. Preferisco il 3D, che talvolta tramite suoni e odori, diventa anche multisensoriale.
Sicilia terra amara o dolce? Qual è il tuo rapporto con essa? E come ti poni con tutto il resto?
Nel mio settore poco conta il natale geografico. La mia arte non si lega alla patria-nazione, non è così locale. Molti non sanno neppure dove sono nato e cresciuto. I miei colleghi e i miei contatti sono di qualsiasi parte del mondo. La mia stessa arte, non ha poi ricevuto l’attenzione adeguata in Sicilia. Vengo molto più coinvolto in iniziative in Germania che in Sicilia.
Se a questo aggiungi che in Sicilia si vende poco e male, capirai che non è proprio l’eldorado degli artisti. In Sicilia è buono produrre, trarre ispirazione. Ma la vendita e il post-vendita richiedono un sottobosco più cosmopolita, benestante e temerario.

Vlady Art, Incompleto alla messinese, foto su puzzle, cm 35×50, 2014
Cosa pensi del progetto SACCA? Ritieni che l’unione di più settori, con una sede fissa e una piattaforma online per la vendita, possano favorire l’accessibilità a un pubblico più vasto e trasversale?
Non sono il tipo da lanciarsi emozionalmente a capo fitto in qualcosa. Mi capita di ricevere inviti a seguire alcune pagine o progetti, ai loro esordi. Mi viene molto complicato poter aderire quando ho visto ancora poco. Aspetto di vedere SACCA fiorire e svilupparsi. Per me è importante dare l’opportunità ai siciliani di acquisire un mio pezzo, considerando che io vivo in nord Europa. È un bene che capiscano che ho rappresentato la mia città (Catania) e il genere più attuale (street art) per lunghi anni. Oggi rappresento in Europa. Certamente, attraverso SACCA non si potrà trovare tutto, ma spero che questo sia una sonda per verificare l’appetibilità di talune creazioni e fino a che punto la disinibizione dei siciliani coincide con la mia.
Esprimi un pensiero in riferimento all’attuale periodo che stiamo vivendo e agli eventuali risvolti futuri.
È assai difficile comprendere qualcosa di grosso quando ci investe e ed è ancora in corso. Vale per le correnti artistiche, vale per questa pandemia. Non sappiamo quanto durerà, ma stiamo metabolizzando che dovremmo conviverci. Ho pensato più volte che, sebbene nessuno di noi stia godendo di questi momenti, quando tutto sarà passato potremmo addirittura rimpiangere qualcosa. Come artista, se almeno vivessi in Italia, avrei voluto “godere” del surreale silenzio della mia città, senza auto come non si vedeva da 100 anni. Si tratta di un evento singolare, come la neve sul mare. Per il resto temo, che siano tutte parole: le cose torneranno come prima, nel bene e nel male.
Domanda jolly! Dì qualcosa che ritieni possa rappresentarti appieno o riesca a sintetizzare al meglio il tuo lavoro, la tua persona o i tuoi progetti futuri.
Sono uno scettico, fatalista, anche nichilista. Mi annoiano gli auguri, le feste comandate, le formalità e l’annunciare i miei progetti futuri. In generale, ogni volta che ho preferito non commentare i miei progetti futuri, qualcosa di bello è arrivato all’improvviso. Chi vivrà, vedrà!
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